giovedì 17 luglio 2008

Marketing Mix

Il termine marketing mix indica la combinazione (mix) di variabili controllabili (leve decisionali) di marketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi.
Le variabili che tradizionalmente si includono nel marketing mix sono le 4P (in inglese four P's) teorizzate da Jerome McCarthy e riprese in seguito da molti altri:

• Product (Prodotto/Servizio)
• Price (Prezzo)
• Place (Distribuzione/Accessibilità)
• Promotion (Comunicazione)

IL PRODOTTO

Il prodotto (Product) è il bene/servizio che si offre (vende) in un mercato per soddisfare determinati bisogni dei consumatori.
La più importante leva decisionale di marketing che riguarda il prodotto è la politica di brand management.
Il brand management è l'applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca (brand). Lo scopo è aumentare il valore percepito dal consumatore sul prodotto al fine di aumentare il brand equity (valore del marchio o patrimonio di marca) determinato dall’extra profitto che genera l’impresa. Gli operatori del marketing vedono nella marca la "promessa" implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto, determinandone così l'acquisto nel futuro. Un giusto brand management genera quindi un aumento delle vendite, rendendo il prodotto più appetibile rispetto a quelli della concorrenza.

Un brand di successo ha le seguenti caratteristiche:

• facile da pronunciare
• facile da ricordare
• facile da riconoscere
• facile da tradurre
• attira l'attenzione
• suggerisce caratteristiche e benefici del prodotto
• suggerisce un riferimento all'immagine aziendale
• distingue il posizionamento del prodotto rispetto alla concorrenza
• registrabile legalmente

Esistono diversi tipi di brand, ciascuno dotato di caratteristiche molto diverse in riferimento all'ampiezza del portafoglio prodotti a cui si riferiscono:

o mono brand: usato per uno o pochi prodotti, quindi evocante determinate caratteristiche funzionali del prodotto a cui si riferisce.

o family brand: riferito a molti prodotti (famiglie di prodotti) quindi che richiama situazioni emotive o valori astratti.

• A seconda della distanza dall'identità aziendale:

o corporate brand: usato sia per i prodotti, sia per richiamare l'immagine dell'azienda e le sue competenze distintive (di solito il marchio stesso dell'azienda).

o furtive brand: distante dall'identità aziendale, riferibile solo a determinati prodotti.

• Tipologie "ibride":

o brand endorsed: incorpora due marchi appartenenti a due diverse tipologie tra quelle sopra citate.
Es: Barilla, che incorpora sia il corporate brand "Barilla" che il family brand "Mulino Bianco".

o brand individuali: brand diversi per ogni prodotto.

I prodotti di largo consumo, reperibili nella grande distribuzione organizzata, non usano praticamente mai corporate brands: questi sono impiegati in settori dove i prodotti sono poco o per nulla diversificati, rendendo così sufficiente l'utilizzo del marchio aziendale.
Nei supermercati, è più facile trovare furtive brands. La birra Kronenbourg come i prodotti Findus sono un esempio di brand furtive
• Altri tipi di brands:

o premium brand: riferito a prodotti più costosi rispetto ad altri della stessa categoria
o economy brand: rivolto a un segmento di mercato caratterizzato da alta elasticità di prezzo.
o fighting brand: lanciato per contrastare una minaccia della concorrenza.

Vediamo quali possono essere diverse tipologie di politiche di branding e le strategie da seguire:
In primo luogo, un produttore può decidere di vendere senza marca, nel caso di prodotti generici (come il sale), oppure applicare un marchio.

In questo secondo caso, le tre strategie fondamentali riguardano l'utilizzo di:

• marca industriale: è il marchio del produttore stesso.
• marca commerciale: è il marchio di un privato, del rivenditore o del distributore.
• brand licensing: vendita dei diritti all'utilizzo di un marchio, per l'uso su un prodotto non concorrente o per una diversa area geografica.
• co-branding: applicare a un prodotto brand di due diverse imprese, per unirne i target di clientela.
In secondo luogo, è compito del brand manager decidere quale strategia seguire, a seconda del rapporto tra la marca (nuova o preesistente) e la categoria del prodotto (nuova o preesistente).

Le strategie di marca sono:

• line extension (estensione della linea): il brand rimane lo stesso, ma si "estende" la linea introducendo nuovi prodotti
• brand extension (estensione della marca): cioè si "estende" l'uso di un marchio ad altri prodotti
• multi brands (marche multiple): sviluppo di uno o più nuovi brands, per lanciare prodotti in una linea preesistente ("multi" perché una stessa linea include più di un marchio)
• new brands (nuove marche): sviluppo di nuove marche per nuovi prodotti in nuove categorie

IL PREZZO

Il prezzo (Price) è il corrispettivo in denaro (valore economico) che il consumatore è disposto a pagare per ricevere un determinato bene/servizio. Esistono varie politiche di pricing che un'impresa può attuare, in funzione degli obiettivi che l'impresa si propone:

• la scrematura del mercato (skimming pricing)
• la penetrazione nel mercato (penetration pricing)
• la diversificazione dei prezzi (segment pricing).

In marketing un'impresa prende decisioni di prezzo quando deve lanciare un nuovo prodotto, vuole variare il prezzo di un prodotto preesistente, o per reagire a variazioni del prezzo della concorrenza.
La formazione del prezzo di un prodotto è influenzata da:

A) Fattori interni

• Obiettivi di marketing: le imprese possono porsi principalmente due obiettivi:

o Scrematura: l'impresa decide di entrare nel mercato con un prezzo decisamente elevato con l’intento di "scremare" il mercato, eliminando i clienti che non sono disposti ad acquistare a quel prezzo. Tale strategia è utilizzata principalmente per i beni di alta tecnologia o per i prodotti di alta moda quindi prodotti di lusso.

o Penetrazione: l'impresa decide di entrare nel mercato con un prezzo molto basso in per attirare più clienti possibili e tagliare fuori la concorrenza.

• Costi sostenuti: il prezzo è una leva che tende a generare i ricavi dell’azienda, esso quindi dovrà essere superiore ai costi per garantire un adeguato profitto all'impresa.

B) Fattori esterni

• Mercato e domanda: è impossibile pensare di fissare un prezzo senza tenere conto della domanda poiché i livelli di reddito non sono gli stessi nei diversi paesi. Molto quindi dipende dalla elasticità della domanda rispetto al prezzo. Tanto più la domanda è meno sensibile a variazioni del prezzo, tanto più potrò fissare un prezzo elevato
• Concorrenza: non possiamo fissare un prezzo senza tenere conto della concorrenza.
• Fluttuazioni del tasso di cambio: Se la mia moneta si svaluta, in termini di valuta straniera i miei prodotti costeranno di meno e quindi attirerei più clienti. Viceversa con la rivalutazione. Questo tipo di fattore riguarda più che altro il Marketing internazionale.
• Legislazione antidumping: fissare un prezzo troppo basso o sottocosto per costringere ad uscire dal mercato i vari concorrenti non è una cosa "legittima", per questo vi sono autorità antitrust.

Ma quali possono essere i vari tipi di prezzo. Il prezzo può essere considerato secondo differenti aspetti avremo quindi:

• prezzo efficiente: si avvicina molto alla cifra massima che i consumatori sono disposti a pagare per quel prodotto. In termini economici è quello che consente la massimizzazione dei profitti di impresa.
• prezzo effettivo: è il prezzo effettivamente applicato tenuto conto di eventuali promozioni, sconti o altri incentivi per il cliente.
• allineamento di prezzo: consiste nell'utilizzo di un numero limitato di prezzi per molti prodotti (Es: tutto ad un euro). Il metodo comporta una facile amministrazione, ma non si rivela flessibile in caso di cambiamenti di prezzo forzati dovuti per esempio all’inflazione.
• premium price: il premium (o prestige) pricing consiste nel fissare prezzi nella fascia più alta per la categoria merceologica trattata. I consumatori sono disposti a comprare prodotti con prezzi premium perché credono che esso indichi un livello di qualità superiore, oppure perché corrispondono a un prodotto che conferisce status.
• primo prezzo: è un prezzo basso applicato a prodotti di bassa qualità.
• prezzo predatore o loss leader: è un prezzo basso applicato a prodotti di alta qualità. Questa strategia risulta in una perdita per l'impresa, che la applica quando ad esempio crede che la clientela, entrando nel negozio per comprare quel prodotto, acquisterà molto probabilmente anche qualcos'altro di più costoso.
• prezzo speculativo: è un prezzo alto applicato a prodotti di bassa qualità. È una strategia che a lungo andare si rivela inefficace, perché in un mercato esistono meccanismi di controllo che puniscono i trasgressori delle regole di fair trade.
• prezzo promozionale: è il prezzo applicato durante le promozioni.
Vediamo ora quali sono i criteri con cui questo prezzo viene stabilito ed individuato:
• criterio del mark-up o cost plus: consiste nel fissare il prezzo di un prodotto incrementandolo di una percentuale dei costi sostenuti per la sua realizzazione.
• criterio dei prezzi correnti: il prezzo viene fissato con riferimento al livello deciso dalle imprese già operanti nel settore.
• criterio del profitto obiettivo: il prezzo viene fissato al livello che, a parità di ogni altro fattore, permette di raggiungere un certo livello di profitto atteso.
• criterio della massimizzazione del profitto: il prezzo viene stabilito a partire dalla massimizzazione della funzione di profitto dell'impresa

Profitto = ricavi totali - costi totali
Rt = prezzo x quantità
Ct = Costi fissi + Costi variabili

• criterio della massimizzazione delle vendite: il prezzo viene stabilito attraverso la massimizzazione della funzione delle vendite dell'impresa (ricavi = prezzo x quantità).
• criterio delle gare d'appalto: il prezzo viene stabilito attraverso una gara tra le proposte presentate.


LA DISTRIBUZIONE

La Distribuzione (Place) è l'insieme di attività necessarie a far giungere un prodotto al consumatore finale, con i vari passaggi intermedi.
La distribuzione avviene tramite la gestione, detta channel management, dei canali di distribuzione e dei magazzini, logistica delle merci, copertura del mercato.
Il channel management significa, come indica l'origine inglese delle parole che la compongono, "gestione del canale". Nel caso della distribuzione corrisponde pertanto all'insieme delle relazioni instaurate fra intermediari e fornitori. Le relazioni sono di 3 tipologie:

• Relazioni Logistiche - fanno capo soprattutto alle attività di trasporto e consegna delle merci
• Relazione di Marketing - sono riconducibili alle politiche di marketing seguite dai 2 operatori:

o I primi cercano elevate performance di singolo prodotto.
o I secondi sono interessati alla performance di assortimento e di punto vendita.

• Relazioni negoziali - sono fondate sul contratto di fornitura stipulato dalle parti; qui infatti si originano spesso situazioni discriminatorie create e volute dall'operatore che può godere di maggior potere contrattuale nei confronti della controparte. Accade quindi, ad esempio, che un'industria fornitrice, a parità di volumi, pratichi prezzi differenti ai diversi clienti commerciali oppure applichi scontistiche diverse in relazione alle quote di mercato dei distributori. A tal proposito, il Trade Marketing è una disciplina che si occupa di studiare e analizzare i complessi aspetti che intercorrono nel rapporto industria-distribuzione.
Agenti della distribuzione [modifica]
Nella distribuzione, gli intermediari tra produttore e cliente sono:

• Dettaglianti (retailers), che si dividono per:

o linee di prodotto vendute: grandi magazzini, supermercati, ipermercati
o tipo di servizio: self-service, limited-service, full-service
o prezzi praticati: discount-store, cash and carry
o Grossisti (wholesalers)

Tipologie di canale di vendita

A seconda del numero di intermediari, esistono diverse tipologie di canale di vendita.

• canale diretto: nessun intermediario.
• canale corto o breve: attraverso un intermediario (un dettagliante).
• canale lungo: prevede due o più intermediari (uno o più grossisti e un dettagliante).

Copertura del mercato

Esistono fondamentalmente tre strategie di market coverage:

• distribuzione intensiva: mira a rifornire il maggior numero possibile di rivenditori (es. prodotti alimentari: Coca-Cola, Nestlé, Danone)
• distribuzione esclusiva: solo un numero limitato di rivenditori al dettaglio hanno i diritti di vendita per una certa area (es. concessionarie di auto, negozi di alta moda)
• distribuzione selettiva: numero elevato di rivenditori, ma selezionati e quindi in numero inferiore a tutti i rivenditori potenziali (es. elettrodomestici Electrolux)

LA PROMOZIONE

La Promozione (Promotion) è l'insieme di attività volte a promuovere, pubblicizzare e far conoscere al mercato un'azienda o un prodotto/servizio. Fanno parte della promozione:

• pubblicità (advertising)
• propaganda (publicity)
• direct marketing
• direct response advertising
• sponsorizzazioni (sponsorship)
• pubbliche relazioni (public relations)
• product placement
• licensing
• merchandising
• publicazioni economico-finanziarie
• promozione delle vendite
• vendita personale (ad esempio porta a porta)
• packaging

Nel marketing la promozione è l'incentivo che tende a far conoscere e apprezzare un servizio, un prodotto o un'idea.
In un famoso modello largamente utilizzato, la promozione è una delle "quattro P" del marketing mix, ossia dell'insieme di strumenti di marketing operativo che l'impresa può utilizzare per influenzare il suo mercato. Le altre "P" sono il prezzo, il prodotto e la distribuzione (placement in inglese).
Per promuovere qualcosa ci si serve di tecniche di comunicazione efficace, seguendo il famoso modello proposto da Shannon e Weaver, basato sulla relazione stimolo-risposta-feedback.
Il processo di comunicazione promozionale, nel marketing di un'impresa, si articola lungo queste fasi:

• identificazione del pubblico-target
• definizione degli obiettivi della comunicazione
• elaborazione di una strategia di comunicazione
• definizione dei mezzi e strumenti da utilizzare
• definizione del budget
• pianificazione del mix promozionale
• creazione dei messaggi ed esecuzione (realizzazione tecnica)
• diffusione
• misurazione dei risultati conseguiti (valutazione dell'efficacia della comunicazione)

Il marketing, per diffondere il proprio messaggio, ha a disposizione diversi canali di comunicazione.

Da quello più personale (a due vie) a quello più impersonale (unidirezionale), essi sono:

• Personal selling
• Direct marketing
• Marketing relazionale (oggi soprattutto attraverso attività di internet marketing)
• Promozioni
• Comunicazione sul punto di vendita (POP)
• Letteratura aziendale e documentazione di prodotto (stampati, da brochure istituzionali dell'azienda e house organ a cataloghi, schede tecniche e pieghevoli illustrativi).
• Packaging
• Pubbliche relazioni
• Pubblicità

La vendita personale è un canale bidirezionale, che presuppone lo scambio comunicativo diretto tra venditore e potenziale acquirente. Di solito avviene in occasione di fiere e presentazioni, oppure tramite visite dirette, soprattutto nel settore del Business to Business.
Il marketing diretto include, secondo la definizione classica, tutte le forme di comunicazione volte a stimolare una azione di risposta da parte del target (a differenza della pubblicità, il direct marketing non utilizza come strumento di misura i "contatti" generati, ma il rapporto tra messaggi inviati e risposte ricevute, detto redemption).
Il marketing relazionale è focalizzato sulla gestione della relazione con i clienti già acquisiti, allo scopo di aumentarne la soddisfazione e la fedeltà alla marca.
Tra le promozioni (forme di comunicazione tese a stimolare le vendite nel breve periodo), si annoverano i concorsi a premi, le raccolte punti, le offerte speciali, la distribuzione di campioni gratuiti, buoni sconto e agevolazioni.
La comunicazione sul punto vendita (Point Of Purchase) comprende espositori, materiale da vetrina, cartelli sospesi, appositi materiali da applicare al prodotto stesso o agli scaffali nella grande distribuzione, dimostrazioni tramite personale apposito e ogni altra forma di comunicazione che si svolga sul luogo di vendita del prodotto.
Le pubbliche relazioni comportano l'interazione con la stampa (tramite diffusione di comunicati e conferenze stampa), con gli stakeholders (tramite la pubblicazione del bilancio), o con il pubblico in generale (pubblicazioni, sponsorizzazioni, eventi).
Infine, la pubblicità può essere definita come una forma di comunicazione di massa, con il fine di modificare gli atteggiamenti dei potenziali consumatori in senso favorevole alla marca, facilitando il processo d'acquisto.

lunedì 14 luglio 2008

Prodotto


Nel marketing, il prodotto identificato in una delle 4P del marketing mix (product, price, place, promotion) è definito come tutto ciò che può essere offerto a un mercato per attenzione, acquisizione, uso o consumo, per soddisfare un desiderio o un bisogno. Un prodotto non è quindi solamente l'oggetto fisico in sé, ma include anche servizi, persone, luoghi, organizzazione e idee.
Un prodotto parte da una forma base (core), per poi poter essere ampliato in funzione delle esigenze del mercato e dell'impresa.
Il prodotto può essere:

• Prodotto essenziale (core product): è il prodotto o servizio che il consumatore acquista per soddisfare una necessità.

• Prodotto atteso (expected product): comprende altre parti di un prodotto, non essenziali, ma che si combinano per fornire dei benefici: qualità, design, caratteristiche tecniche, marca.

• Prodotto ampliato (augmented product): include un bundle of benefits, cioè un fascio di servizi e benefici aggiuntivi offerti al cliente: garanzia, consegna gratuita, installazione.

• Prodotto potenziale (potential product): è teoricamente tutto ciò che si può arrivare ad offrire al consumatore, anche per soddisfare bisogni di cui egli non ha ancora la consapevolezza.

Un prodotto si può classificare per:

• famiglia di bisogno: bisogno che origina la famiglia di prodotto.

• famiglia di prodotto: classi di prodotto che soddisfano un bisogno.

• classe di prodotto: gruppo di prodotti con funzioni simili.

• linea di prodotto: gruppo di prodotti con un elemento comune.

• tipo di prodotto: articoli di una linea con una caratteristica comune.

• marca: prodotti con un preciso nome.

• referenza: varianti di un prodotto.

Ogni prodotto posto in commercio segue un proprio ciclo di vita, rappresentato dalle seguenti fasi:

• Introduzione - il prodotto è introdotto nel sistema produttivo, questa è una fase di lancio.

• Sviluppo - la domanda si espande e le vendite pure, vengono aggiunte nuove caratteristiche al prodotto.

• Maturità - l'impresa deve ora difendere la quota di mercato raggiunta. Questa viene mantenuta diversificando il prodotto
aggiungendogli nuove caratteristiche differenziandolo così nel mercato.

• Declino - le vendite cominciano gradualmente a diminuire. È la fase in cui il prodotto viene tolto dam mercato.

Vediamo una rappresentazione grafica, con la suddivisione nelle varie fasi, del ciclo di vita del prodotto nell'immagine riportata in alto.

Segmentazione della domanda

Aspetto chiave di decisione strategica di marketing è la scelta di quale cliente si vuole servire. Fondamento teorico di tale comportamento è la teoria della discriminante del prezzo. Tale principio può essere poi esteso alle altre leve del marketing mix, fino a identificare un ipotetico piano di marketing differenziato per ogni segmento del mercato come condizione per la massimizzazione del profitto.
Poiché l’azienda ha limitate risorse disponibili non può servire tutti i segmenti di mercato, quindi dovrà operare una scelta all’interno di essi. È proprio attraverso la segmentazione che l’azienda andrà a scomporre la domanda per individuare quei settori che abbiano atteggiamenti rispetto al prodotto / servizio:

• omogenei - gli appartenenti hanno comportamenti rispetto al prodotto / servizio piuttosto simili

• disomogenei - appartenenti a segmenti diversi adottano atteggiamenti differenti.
In seguito a questa ripartizione della domanda in segmenti, si è così in grado di scegliere quello (o quelli) da servire (targeting) e di servirlo così in modo ottimale.

I primi criteri adottati per la segmentazione sono stati:

• La segmentazione demografica: effettuando una suddivisione della domanda in segmenti distinti per età, sesso, numero di membri della famiglia, eccetera.

• La segmentazione geografica: suddividendo la domanda secondo aree (nazioni, regioni, province, comuni, quartieri, etc.) o dimensione del centro abitato (piccoli centri, medi, etc.) o densità del centro.
Il forte limite di tali sistemi (demografici o geografici) è che raramente, soprattutto nei beni di largo consumo, vi è una elevata omogeneità dei segmenti, inoltre spesso non aiutano a comprenderne le motivazioni dei comportamenti.
È solo dagli anni '60 che vengono individuati nuovi metodi per indagare perché ci sono determinati comportamenti verso i prodotti/servizi e chi operava tali comportamenti. Nascono così differenti approcci di segmentazione:

• La segmentazione comportamentale: basata sulle teorie della metà pesante, con cui si individua, come variabile per discriminare i clienti, la frequenza, l' intensità, la fedeltà o altre variabili simili.

• La segmentazione psicografica: Indaga lo stile di vita dei clienti potenziali, cercando di legare i comportamenti espressi nei confronti di un prodotto/servizio con le attività svolte, gli interessi e le opinioni.

• La benefit segmentation: Con tale segmentazione si intende raggruppare gli individui secondo le motivazioni che li spingono a comprare un determinato prodotto / servizio rispetto ad un sostitutivo o concorrente. Alla base di tale approccio giace l'assunto che i clienti desiderano un certo prodotto per i potenziali vantaggi che questo esprime.

• La segmentazione competitiva: in questo caso si identifica direttamente un target, inteso come i consumatori di una marca concorrente (in genere, il leader).

Le tecniche più usate sono:

• per omogeneità;
o tecniche che si basano su combinazioni di analisi fattoriale (di cui l' analisi delle componenti principali è sicuramente la più utilizzata);
o la cluster analysis;
o le Analisi Congiunte.

• per obiettivi;
o l'analisi discriminante lineare;
o la regressione logistica;
o le reti neurali;
o le tecniche automatiche di analisi di interazioni (ad es. Chaid, Cart).

martedì 8 luglio 2008

Ricerche di Mercato

La ricerca di mercato è la sistematica raccolta, conservazione e analisi dei dati relativi a problemi connessi al marketing dei beni e/o dei servizi.
Le ricerche di mercato si occupano principalmente:

• Dello studio e dell'analisi dei comportamenti espressi e dei processi decisionali dei consumatori in un'economia di mercato.
• Della definizione della struttura di un mercato.
Sono una fonte di informazione per chi, all'interno di un'azienda che produce beni o servizi, deve prendere decisioni di marketing.
Dobbiamo fare una distinzione tra:

• Ricerche di marketing che sono gli studi volti a selezionare tutte le informazioni utilizzabili per le decisioni in tema i prodotti, distribuzione, efficacia della pubblicità e tecniche promozionali.
• Ricerche di mercato che si rivolgono ad un ambito di analisi più ristretto, essendo connesse all’individuazione di informazioni relative al mercato di un particolare bene. Hanno carattere esplorativo e si usano per accertare specifici aspetti del mercato.

Una ricerca di mercato può essere di tipo quantitativo o qualitativo.
È definita quantitativa quando è costruita in modo tale da dare rappresentatività statistica di un'intera popolazione (mercato o segmento), sulla base di un campione;
È di tipo qualitativo quando l'analisi è effettuata attraverso una discussione libera (che attraversa una traccia di discussione) o con una serie di domande aperte, con un'ampia facoltà lasciata all'intervistatore di approfondire le risposte date.
Attraverso le ricerche qualitative, il ricercatore formula ipotesi e congetture, ma non ottiene alcuna rappresentatività statistica. Attraverso queste si analizzano le componenti emotivo-simboliche dei consumatori che determinano le loro scelte. Le funzioni che essa assolve sono di tipo:

• propedeutico alla ricerca quantitativa, per focalizzare tematiche da inserire nella fase estensiva del questionario
• esplorativo per ottenere informazioni di carattere emotivo/affettivo nei confronti di prodotti/marche
• creativo per coadiuvare le imprese nella scelta dei nomi di marche o prodotti
• diagnostiche se destinate ad approfondire particolari tematiche di mercato

In ambito scientifico, la distinzione è invece più sottile; si vanno perciò a definire ricerche di tipo:
1) Esplorativo, volta a chiarire la natura di un problema, ad acquisire maggiore comprensione di una situazione, a fornire indicazioni per indagini future.
Grazie alla ricerca esplorativa, il ricercatore accresce la propria familiarità con il problema e con il mercato ed è generalmente in grado di formulare ipotesi e congetture in merito a questo.
Il dato di ricerca è trattato in modo qualitativo: i risultati di tale ricerca sono perciò privi della capacità di rappresentare un fenomeno generale. Comunemente si afferma che il risultato ottenuto da tale analisi è profondo ma non esteso.
I metodi più utilizzati sono:

• i focus group;
• le interviste in profondità;
• i metodi proiettivi;
• i metodi codificati da Jerry Zaltman;
• l'osservazione partecipata.

2) Descrittivo, ha come scopo la definizione della struttura competitiva di un mercato / segmento, oppure la descrizione del comportamento di organizzazioni o gruppi di consumatori.
L’informazione è trattata in modo quantitativo, basando il disegno di ricerca su un campione che dia risposte generalizzabili ad una popolazione di riferimento (mercato o segmento). Oggetto d'indagine sono perciò i comportamenti espressi, non le motivazioni profonde che sussistono a tali comportamenti, per indagare le quali è più utile un'indagine esplorativa.
I metodi più utilizzati sono:

• l' intervista con questionario;
• l' osservazione.

3) Causale, ha lo scopo di definire connessioni causa-effetto tra più variabili, la loro natura e caratteristiche come la direzione e l'intensità. Anche qui, l’informazione è trattata in modo quantitativo, ricercando le variabili causali che spiegano il comportamento di altre variabili.

Abbiamo parlato delle ricerche di mercato e abbiamo fatto una distinzione evidenziano gli aspetti salienti, distinguendole in qualitative quantitative e individuando all’interno dei due gruppi le diverse tipologie.
Vediamo alcuni esempi in cui queste possono essere applicate:
A) Possiamo ad esempio stimare le potenzialità di un prodotto/servizio.
Nel mercato dei beni e dei servizi, si può indagare in termini preliminari le potenzialità di successo di un prodotto / servizio. Analisi di natura qualitativa ('ricerche esplorative') sono in genere preliminari e volte a determinare possibili punti di forza e di debolezza di un prodotto o di un insieme di prodotti. Succedono solitamente a queste, e basate sui risultati dell'esplorazione, altre analisi quantitative ('ricerche descrittive').
Le tecniche utilizzate in questo caso sono:

• Product test, valutazioni dell'apprezzamento di un prodotto, espresso in termini quantitativi da un campione rappresentativo di potenziali consumatori
• Concept Test, che a differenza del product test, in cui il prodotto è effettivamente presente, nel concept test il prodotto ancora non esiste, o non è fruibile: è perciò mostrato il concetto di prodotto, presentato in genere in forma grafica con breve descrizione, su un formato a tabella che prende il nome di board
• Area Test, valutazioni unicamente in una parte del mercato, con l'obiettivo di estrapolarne poi i risultati sull'intero mercato. La parte di mercato interessata al test (campione) può essere geografica o commerciale (una sola insegna commerciale) e prende il nome di area test.
• Simulated Test of Market, sono indagini quantitative che, sulla base di un concept - product test o di una simulazione, stimano le potenzialità di un prodotto o servizio sul mercato. L'analisi mediante STM è nata per ridurre i rischi, i costi ed i difetti del metodo delle aree test, cercando di mantenere però risultati apprezzabili.
• Analisi delle Serie Storiche, si basano sull' analisi delle serie storiche dei dati di vendita di altri prodotti (o dello stesso prodotto in altri mercati geografici).

B) Possiamo stimare la soddisfazione del cliente.
Questo è un tema di grande interesse per le aziende. Le indagini descrittive sono generalmente svolte mediante questionario. Mano a mano che si raccolgono maggiori informazioni riguardanti all'atteggiamento del cliente verso la marca, al processo d'acquisto e alla soddisfazione dopo la prova del prodotto / servizio, si forma un complesso d'informazioni di base per la gestione delle relazioni con i clienti (Customer Relationship Management - CRM). L'indagine che, invece, include anche gli atteggiamenti degli intermediari, va a indagare l'intera catena di creazione del valore: essa è quindi importante per il Supply Chain Management (SCM).

C) Possiamo fare uno studio della struttura del mercato e della evoluzione della domanda.
Lo studio della struttura del mercato e della evoluzione della domanda si rendono necessari per individuare tutti quei fattori significativi che possono influenzare il comportamento dei consumatori. È importante per il management essere costantemente informato sulle tendenze evolutive del comportamento dei consumatori. L’alta direzione deve avere sempre accese le antenne sul mercato, capaci di captare i segnali deboli, così da poter anticipare decisioni atte a fronteggiare l’introduzione sul mercato di nuovi prodotti/servizi concorrenti. È quindi necessaria una raccolta di dati che si esplica nell’esigenza di analizzare il flusso delle informazioni che arriva dall’esterno agli organi direzionali, e di integrarlo con i dati e le notizie che interessano il campo di attività dell’azienda.
Esistono due tipi di indagine:

• Quelle interne costituite dagli studi di carattere statistico-economico condotti all’interno dell’azienda, utilizzando input originati dall’attività amministrativa, tali da consentire particolari elaborazioni ed analisi:

o l'analisi delle serie storiche;
o la rotazione delle scorte;
o la gestione della clientela.

• Quelle esterne, condotte sul pubblico che riguardano lo studio dei fenomeni e dei caratteri prima evidenziati. Si possono dividere in due tipi:

o basate su dati primari (svolte da organi periferici, come la forza vendita, o Ricerche di Marketing e ricerche di mercato) costituite dalla raccolta, la registrazione e la valutazione sistematica di dati relativi al trasferimento e alla vendita di beni/servizi.

o basate su dati secondari (enti pubblici, istituzioni) costituite dalla raccolta ed elaborazione di dati già predisposti da enti ed istituzioni pubbliche o private

Il Target

Target (bersaglio) è un termine che è utilizzato per indicare un risultato posto come obiettivo di una determinata strategia, aziendale, commerciale o di marketing.
Il target può essere:

• un obiettivo di alto livello, e allora si sostanzia in un macro obiettivo come può esserlo il raggiungimento di una determinata percentuale di profitto.
• un obiettivo di basso livello, determinato in base a delle strategie di marketing ideate per particolari segmenti di clientela.
Il target deve essere:
• definito, si devono evitare cioè definizione generiche e non univoche;
• misurabile, quantificabile.
• raggiungibile, nel senso che occorre evitare di porre alla base di strategie aziendali obiettivi irrealizzabili;

Aspetto chiave di decisione strategica di marketing è la scelta della tipologia del consumatore finale. Per molte categorie di prodotto, soprattutto nei beni di largo consumo, risulta chiara l'esigenza di indirizzare specificamente la propria offerta ai clienti che si desidera servire.
Fondamento teorico di tale pratica è la teoria della discriminante del prezzo. Data la limitatezza delle risorse disponibili, l'azienda non può servire tutti i segmenti: dovrà perciò operare una scelta dei segmenti da servire. La scelta del target è quindi successiva allo studio di segmentazione, attraverso il quale si scompone la domanda primaria in segmenti che abbiano atteggiamenti rispetto al prodotto / servizio di questo tipo:

• omogenei all'interno dei segmenti, quindi gli appartenenti allo stesso segmento hanno comportamenti rispetto al prodotto / servizio piuttosto simili.
• disomogenei tra i vari segmenti, vale a dire che appartenenti a segmenti diversi adottano atteggiamenti distinti.
La segmentazione consente di conoscere in profondità il cliente che si sta servendo e di servirlo in modo ottimale. In seguito alla frazionatura della domanda primaria in segmenti, si è in grado di scegliere quello (o quelli) da servire (targeting). L'essere rilevanti per i propri clienti si basa sulla corretta scelta del segmento.
Cardine dello studio di segmentazione è il criterio scelto per segmentare. I primi criteri a svilupparsi a partire dalle prime teorie della discriminante di prezzo sono state:

• La segmentazione demografica: attraverso questo criterio, si effettua una suddivisione della domanda segmenti distinti per età, sesso, numero di membri della famiglia, eccetera.
• La segmentazione geografica: in base a questo approccio, la domanda primaria è suddivisa in aree.
Il forte limite di tali sistemi (demografici o geografici) è che raramente, nel comparto dei beni di largo consumo, vi è una elevata omogeneità interna di tali segmenti. Inoltre questi sistemi spesso non aiutano a comprenderne le motivazioni dei comportamenti. Nascono quindi approcci di segmentazione generalmente riconducibili ad uno dei seguenti:
• La segmentazione comportamentale: con tale criterio si individua, come variabile rilevante per discriminare i clienti, la frequenza, l' intensità, la fedeltà o altre variabili simili, per la definizione dei segmenti di domanda.
• La segmentazione psicografica: tale approccio invece indaga lo stile di vita dei clienti potenziali, cercando di legare i comportamenti espressi nei confronti di un prodotto o servizio con le attività svolte, gli interessi e le opinioni.
• La benefit segmentation: con tale segmentazione si intende raggruppare gli individui secondo le motivazioni che li spingono a comprare un determinato prodotto / servizio rispetto ad un sostitutivo o concorrente.
• La segmentazione competitiva: qui si identifica direttamente un target, inteso come i consumatori di una marca concorrente (in genere, il leader).

giovedì 3 luglio 2008

Chi Cosa Come (Triangolo di Abell)


Lo strumento strategico attraverso il quale può essere rappresentato schematicamente il concetto di orientamento al marketing è il cosidetto "Triangolo di Abell".
Tale strumento ci mostra come partendo da un' idea, che mira ad anticipare e soddisfare un bisogno del target di riferimento (CHI), possa trasformarsi in un prodotto/servizio (COSA) da collocare nel mercato in cui si opera attraverso una strategia di pianificazione (COME).

Il Marketing

Il marketing (termine anglosassone, spesso abbrieviato con mktg e solo erroneamente con mkt, che invece sta per mercato) è un ramo della scienza economica che si occupa dello studio descrittivo degli andamenti di mercato e dell'analisi dell'interazione tra quest' ultimo ei suoi utilizzatori con l'impresa.Il termine marketing,che prende origine dall'inglese market, significa letteralmente "piazzare sul mercato" e comprende tutte quelle strategie aziendali che consentono di collocare un prodotto/servizio nel mercato, considerando come finalità il maggiore profitto.



Philip Kotler (fautore dei più recenti sviluppi della materia) distingue, nella storia economica recente, quattro strategie di approccio al mercato da parte dell'impresa:



• Orientamento alla produzione: in questo periodo, dalla Rivoluzione industriale fino alla metà del Novecento, il mercato è caratterizzato da un eccesso di domanda rispetto all'offerta. Unica preoccupazione dell'imprenditore è ridurre i costi di produzione, azione giustificata soprattutto nei mercati dove prevalgono beni commodity, e dove quindi si può vincere con la concorrenza di prezzo.

• Orientamento al prodotto(1920-1945): l'impresa si concentra sulla tecnologia del prodotto, piuttosto che sul consumatore. Il rischio di questa strategia è la cosiddetta marketing myopia, cioè non accorgersi che un mercato è inesistente (rendendo quindi vani gli sforzi per piazzare un prodotto).

• Orientamento alle vendite(1945-1960): si cerca di vendere ciò che si produce. È una prospettiva di tipo inside-out, praticata soprattutto nel breve termine, e con prodotti/servizi a bassa visibilità (unsought goods), oppure in casi di sovrapproduzione, o ancora quando un mercato è saturo (e quindi va conquistato con la forza vendita). Anche in questo caso il rischio è di capire poco cosa desidera il consumatore finale.

• Orientamento al marketing(1960 a oggi): consiste nella comprensione dei bisogni del cliente, per produrre i beni e quindi soddisfarli. È una prospettiva di tipo outside-in, o anche pull (capire il mercato) anziché push (spingere sul mercato).
Lo sviluppo della funzione del marketing nelle imprese è parte di una strategia di mercato che viene definita "proattiva", dove l'impresa ha un ruolo propositivo nei confronti dei bisogni del mercato.